International Commerce & International Marketing
Servizi Commercio Internazionale
Internazionalizzazione del Commercio
La Contrattualistica Internazionale
CHE COSA SI INTENDE PER “COMMERCIO INTERNAZIONALE”?
Nel mondo d’oggi, per “commercio internazionale” si intende l’insieme degli scambi di beni e servizi tra diversi paesi ed rappresenta un’attività di primaria importanza sulla scena mondiale. E’ riduttivo chiamare Brasile, Russia, India e Cina dei paesi “emergenti”; vi sono economie che oggi figurano ancora tra i mercati emergenti, ma che contribuiscono in modo significativo al PIL mondiale e hanno il potenziale per crescere ancora; perciò sostenere che Brasile, Russia, India e Cina abbiano ancora queste caratteristiche è quantomeno forzato; basta guardare al contributo che questi paesi danni al PIL globale. La Cina è la prima economia mondiale con un prodotto interno lordo pari al 16,5% del Pil mondiale (gli Stati Uniti, che sono al secondo posto, hanno una quota del 16,3%); mentre Brasile, Russia e India danno il loro contributo alla ricchezza del pianeta. Insomma, più che paesi emergenti, si tratta ormai di paesi “emersi” dal terzo mondo. Le modalità con cui vengono effettuati questi scambi internazionali sono molto diverse in quanto dipendono dalle caratteristiche del mercato di riferimento, dalle dimensioni e dalle risorse dell’impresa coinvolta nel processo di internazionalizzazione, (ovvero un processo riguardante una o più attività che caratterizzano il funzionamento del sistema economico lungo una dimensione che coinvolge diversi Stati-nazione), dalle strategie e dalle forme di entrata nei mercati esteri.
L’oggetto dello scambio internazionale può riguardare:
L’oggetto dello scambio internazionale può riguardare:
- Trasferimento di merci (beni e servizi): forma molto diffusa nelle PMI, ma utilizzata anche dalle grandi imprese, quando l’interesse per il mercato estero non è elevato;
- Trasferimento di know how: implica cooperazione, che nella sua forma più evoluta può condurre alla costituzione di una joint venture;
- • Trasferimento di capitali: fenomeno che ha dato vita alla realtà delle multinazionali.
CHI E’ IL SOGGETTO FONDAMENTALE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE?
Che cos’è in termini giuridici l’impresa? L’impresa è un’attività economica organizzata professionalmente, finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o di servizi; essa rappresenta un’unità di produzione tipica del sistema economico capitalistico e occupa un ruolo centrale nella produzione dei beni e dei servizi, nella distribuzione dei redditi alle famiglie e nella ricerca tecnologica. L’organizzazione dei fattori di produzione è affidata all’imprenditore. E’ l’impresa il soggetto fondamentale del commercio internazionale, la quale non nasce come sistema, ma lo diventa nel tempo, raggiungendo le condizioni di sistemicità che rappresentano il “basic” della competitività; infatti la neoimprese nasce povera e diventerà un “sistema” solo nella misura in cui, ad ogni azione dell’imprenditore corrisponde una reazione. L’impresa persegue un percorso strategico che porti al profitto, ma non tutte le imprese si comportano così; da questa considerazione nasce la distinzione delle tipologie di sistema d’impresa nel rapporto con l’ambiente esterno, ovvero:
- Sistemi chiusi: operano in ambienti di perfetta certezza; fortemente burocratizzate; il processo decisionale è del tipo “top-down”.
- Sistemi aperti: sono soggetti all’incertezza ambientale e devono sottoporsi a continui cambiamenti di struttura; vivono completamente in balia dell’ambiente; necessitano di sviluppare la cooperazione all’interno attraverso processi decisionali “botton-up” per sostenere e affrontare l’incertezza.
- Sistemi parzialmente aperti: si collocano in ambienti competitivi, ma la loro struttura ne condiziona l’adattamento.
LA CONTRATTUALISTICA INTERNAZIONALE
Come detto in precedenza, l’impresa è sempre alla ricerca di un profitto; ma per fare questo, deve mettere in atto una strategia, la quale richiede la padronanza di aspetti “tecnici” (contrattualistici e giuridici) delle transazioni commerciali, i quali devono essere affrontati fin dal nascere della trattativa. La stipula di un contratto commerciale con un partner internazionale comporta problematiche nuove rispetto alla partnership con un operatore nazionale.
Perciò, ogni impresa che intende instaurare una relazione commerciale a livello internazionale deve tener presente i seguenti aspetti:
• Diversità
✓ Nel sistema giuridico
✓ Di norme e procedure
✓ Di consuetudini, comportamenti e “gestione degli affari”
• Differenti modalità di comunicazione e di gestione delle relazioni
• Caratteristiche del settore di riferimento e del prodotto oggetto della contrattazione
• Volume e numerosità delle transazioni
• Elementi fiscali e creditizi
• Gestione dell’attività logistica
Quali sono le tipologie contrattuali?
È possibile individuare almeno quattro tipologie contrattuali:
• La compravendita - è la forma più semplice di traferimento di un prodotto all’estero
• La distribuzione - l’impresa può internazionalizzarsi mediante una strategia di esportazione indiretta, ricorrendo a figure professionali specializzate nel commercio internazionale, ovvero agenti e rappresentanti, concessionari e importatori, procacciatori d’affari
• Le joint ventures - coinvolge due o più imprese che si uniscono per lo svolgimento di un’attività comune
• La cessione di conoscenze (Know how, marche, brevetti)
• Diversità
✓ Nel sistema giuridico
✓ Di norme e procedure
✓ Di consuetudini, comportamenti e “gestione degli affari”
• Differenti modalità di comunicazione e di gestione delle relazioni
• Caratteristiche del settore di riferimento e del prodotto oggetto della contrattazione
• Volume e numerosità delle transazioni
• Elementi fiscali e creditizi
• Gestione dell’attività logistica
Quali sono le tipologie contrattuali?
È possibile individuare almeno quattro tipologie contrattuali:
• La compravendita - è la forma più semplice di traferimento di un prodotto all’estero
• La distribuzione - l’impresa può internazionalizzarsi mediante una strategia di esportazione indiretta, ricorrendo a figure professionali specializzate nel commercio internazionale, ovvero agenti e rappresentanti, concessionari e importatori, procacciatori d’affari
• Le joint ventures - coinvolge due o più imprese che si uniscono per lo svolgimento di un’attività comune
• La cessione di conoscenze (Know how, marche, brevetti)
INTERNAZIONALIZZAZIONE – PERCHE’ E’ IMPORTANTE PER LO SCAMBIO
Parlando in questo articolo del commercio internazionale, è doveroso soffermarsi sul concetto di internazionalizzazione delle imprese e dei settori, i quali portano alla realizzazione degli scambi internazionali, i quali prescindono dalla dalla singola filiera nazionale e si espandono a diverse filiere in diversi paesi; nel caso delle grandi imprese – che di solito hanno già effettuato strategie di internazionalizzazione – le attività internazionali diventano un modo per incrementare la dimensione esterna dell’organizzazione e il numero delle relazioni che l’internazionalizzazione è in grado di offrire; nel caso invece delle PMI, l’internazionalizzazione rappresenta un percorso difficile, in quanto vincolato alle relazioni con altre organizzazioni, le quali diventano un veicolo attraverso il quale si rende possibile il contatto con i paesi esteri.
- COMMERCIO INFRA-SETTORIALE: nasce all’ interno dello stesso settore, coinvolge cioè imprese che realizzano prodotti simili ma in paesi diversi e si differenziano tra di loro per il grado di orientamento all’ innovazione e alla tecnologia (ad esempio, alcune imprese si focalizzano sui prodotti di “alta fascia”, molto specializzati e di qualità, mentre altre imprese si focalizzano su prodotti di media o bassa qualità – calzature italiane e calzature cinesi).
- COMMERCIO INTER-SETTORIALE: nasce tra diversi settori e coinvolgono diversi paesi; tutto ciò incrementa il grado di concorrenza. Perciò la competitività, si gioca in termini di “filiera”, piuttosto che di singola impresa e quindi si rende necessaria un’efficace gestione delle relazioni all'interno della filiera, perché tanto più queste relazioni creano sinergie, tanto più il prodotto arriva al mercato finale con successo in termini di efficacia ed efficienza.
DEFINIZIONE DI VANTAGGIO COMPETITIVO
Oggi giorno, l’impresa, la quale persegue un percorso strategico che porti ad un profitto (come abbiamo già descritto in precedenza), è sempre alla ricerca continua di quello che viene definito vantaggio competitivo e si riferisce al rapporto con la concorrenza; infatti se l’impresa è localizzata in un’area dove si produce a minor costo e si acquisiscono risorse importanti, e avrà la convenienza a restare in quel luogo; e questo rappresenta un punto di forza e quindi un fattore di competitività, dal momento che comporta una riduzione di costi di produzione e una maggior specializzazione nelle fasi di produzione. A tal proposito, si può effettuare una distinzione tra il vantaggio comparato, ovvero relativo ai costi e opportunità di mercato, e vantaggio competitivo, ovvero relativo al rapporto con la concorrenza; ed è proprio il vantaggio competitivo l’obbiettivo dell’impresa, anche se non è una condizione a cui si deve per forza arrivare; anzi, il consolidamento delle risorse / competenze funzionali è il presupposto per arrivare “al gradino più alto”. Soffermandoci sul concetto di vantaggio competitivo, e al fine di comprendere al meglio tale concetto, non si può non focalizzarsi sul concetto di rilevante importanza della “catena di Porter”. Michael Porter, economista statunitense ed uno dei maggiori contribuenti della teoria della strategia manageriale, affermò: “due imprese non hanno mai la stessa catena del valore pur offrendo lo stesso prodotto, perché ogni impresa la realizza in modo singolare, particolare”. Secondo l’economista, si hanno tre strategie:
• Strategie di leadership di costo: l’azienda è in grado di ridurre i costi aziendali, consentendole di fornire un prezzo ridotto sul mercato (Kiko, Ikea); l’obbiettivo di questa strategia è quella di aumentare i volumi di vendita e tutto ciò comporta la necessità di un’adeguata politica distributiva e di comunicazione.
• Strategia di differenziazione: l’impresa investe per rendere il prodotto differente (anche solo per la confezione) da quello degli altri; ma tutto ciò comporta un aumento dei costi e dunque del prezzo (Apple, Tod’s, Samsung). Qui l’aspetto fondamentale su cui bisogna lavorare è la qualità: non solo alta qualità, ma qualità in termini di caratteristiche del prodotto.
• Strategia di focalizzazione: è l’una o l’altra focalizzata in un settore, una nicchia di mercato (Yacht).
Perciò, dopo questa doverosa illustrazione della catena di Porter, si può constatare che il vantaggio competitivo riguarda il vantaggio di costo, il vantaggio di differenziazione e il vantaggio di focalizzazione.
• Strategie di leadership di costo: l’azienda è in grado di ridurre i costi aziendali, consentendole di fornire un prezzo ridotto sul mercato (Kiko, Ikea); l’obbiettivo di questa strategia è quella di aumentare i volumi di vendita e tutto ciò comporta la necessità di un’adeguata politica distributiva e di comunicazione.
• Strategia di differenziazione: l’impresa investe per rendere il prodotto differente (anche solo per la confezione) da quello degli altri; ma tutto ciò comporta un aumento dei costi e dunque del prezzo (Apple, Tod’s, Samsung). Qui l’aspetto fondamentale su cui bisogna lavorare è la qualità: non solo alta qualità, ma qualità in termini di caratteristiche del prodotto.
• Strategia di focalizzazione: è l’una o l’altra focalizzata in un settore, una nicchia di mercato (Yacht).
Perciò, dopo questa doverosa illustrazione della catena di Porter, si può constatare che il vantaggio competitivo riguarda il vantaggio di costo, il vantaggio di differenziazione e il vantaggio di focalizzazione.
QUALI SONO LE MODALITA’ E LE STRATEGIE MEDIANTE LE QUALI SI REALIZZA IL PROCESSO DELL’ INTERNAZIONALIZZAZIONE?
L’ambiente internazionale, essendo diventato globale come un unico grande mercato, è in grado di offrire alle imprese significative opportunità di crescita e di sviluppo, ma bisogna fare attenzione anche a notevoli rischi, i quali potrebbero comportare la non sopravvivenza dell’impresa. Oggi, ancor più del passato, le imprese sono costrette a gestire un trade-off tra l’esigenza di cambiare in relazione alle mutazione dell’ambiente e la gestione dei costi di tale cambiamento, anche in considerazione della naturale – talora “controproducente” – attitudine alla conservazione del proprio status quo. Un concetto al tal proposito fondamentale è il tempismo, non solo inteso come velocità dell’impresa nel rapportarsi con il mercato rispetto ai concorrenti, ma significa anche arrivare al mercato nel momento giusto. Quando? Quando l’impresa ha sviluppato una serie di risorse e competenze, raggiungendo una certa sistematicità. Diventare un’impresa multinazionale, e quindi dare avvio al processo dell’internazionalizzazione, segnala una svolta radicale nel ciclo di vita dell’impresa; infatti quest’ultima, insedia propri stabilimenti e uffici all’ estero, e di conseguenza emerge uno sviluppo quali-quantitativo nuovo del modo di fare affari dell’impresa, un tempo solo esportatrice. A tal proposito, è necessario fare una corretta distinzione tra impresa multinazionale e impresa transnazionale: è multinazionale l’impresa che opera su più realtà/contesti territoriali diversi tra loro, quindi esiste uno sfruttamento delle risorse locali e si va alla ricerca di vantaggi legata ai costi e controlla le proprie sussidiarie all’ estero e coopera con imprese locali e corrisponde ad un importante evoluzione dell’impresa che s’internazionalizza. L’impresa transnazionale invece, nell’ era della globalizzazione, è il caso del nostro tempo; il suo soggetto economico può essere insediato ovunque e i suoi investimenti possono essere fatti ovunque. La presenza dell’impresa nel mercato estero evolve seguendo un processo lineare di sviluppo caratterizzato dai seguenti aspetti, il quale può essere definito come modello di internazionalizzazione per stadi:
❖ È sequenziale nel tempo, cioè si parte da scelte strategiche “leggere” nell'ambito internazionale, per poi passare a fasi più consistenti.
❖ È graduale (crescente livello do coinvolgimento/impegno, es. da export a delocalizzazione).
❖ È unidirezionale (si parte dall’ export, poi lo sviluppo internazionale culmina con l’insediamento produttivo all' estero). Attraverso un processo di learning by doing, l’impresa passa da attività poco rischiose e con poco grado di controllo, ad attività sempre più impegnative e coinvolgenti. Il gradualismo del processo dell’internazionalizzazione, citato in precedenza, prevede:
Quali sono le strategie che l’impresa può attuare per entrare in un mercato estero? Di seguito parliamo di tre strategie importanti: la strategia basata sull’ esportazione, che può essere indiretta o diretta, la strategia basata sull’ integrazione ed infine la strategia basata sugli investimenti diretti esteri.
La strategia basata sull’ esportazione, oltre a rappresentare un orientamento dell’impresa all’ internazionalizzazione, rappresenta anche una modalità di ingresso nei paesi esteri; con l’esportazione, le principali attività dell’impresa vengono concentrate nel paese d’origine e solo l’attività commerciale esprime un orientamento ai mercati internazionali. Vi sono due tipologie di esportazione:
• Indiretta: delega ad imprese specializzate nell’ intermediazione e nel commercio internazionale;
• Diretta: utilizzo della propria forza di vendita – la forma più evoluta è quando l’impresa apre una propria filiale commerciale all’ estero.
Ora, in maniera più dettagliata e specifica, parleremo delle suddette esportazioni.
Nell’ esportazione indiretta, l’impresa sceglie operatori che solitamente risiedono nel paese dell’esportatore, per facilitare l’interazione e la comunicazione. A tal proposito, esistono diverse tipologie di intermediari per il commercio estero:
• Consorzi per l’esportazione: strutture associative che legano due o più imprenditori nell’ istituzione di un’organizzazione per la disciplina e lo svolgimento in comune di determinate fasi delle rispettive imprese; esistono consorzi promozionali, i quali forniscono servizi generali a supporto ed integrazione dell’attività di esportazione e i consorzi di vendita, i quali si occupano della commercializzazione dei prodotti sui mercati esteri, ponendo eventualmente anche un marchio consortile; e se queste imprese offrono prodotti simili, allora il marchio diventa forte perché a livello di mercato internazionale offre prodotti differenziati (soddisfa lo stesso settore o settori simili); se invece le imprese realizzano prodotti diversi, il marchio offre nel mercato estero una gamma diversificata di beni, che andrà a soddisfare diversi bisogni, relativi chiaramente a settori diversi.
• La trading company: nasce in Giappone e rappresenta una “multinazionale del commercio”, la quale si assume rischi contrattuali, di trasferimento e finanziari; compra per rivendere, quindi acquisisce la merce che tratta, e i principali aspetti che la caratterizzano possono essere sintetizzati in quattro punti essenziali, ovvero:
✓ Non ha rapporto diretto con il consumatore finale
✓ L’impresa non incorre alcun rischio
✓ Se l’impresa industriale è di piccole dimensioni, ha basso potere contrattuale
✓ La trading company ha un marchio proprio riportato sul prodotto
• L’agente di acquisto (Buyer): rappresentano operatori commerciali che solitamente risiedono nel mercato di importazione; comprano per conto di un’altra impresa estera e dunque acquista la merce che tratta (passaggio di proprietà), rivolgendosi ad una trading company, direttamente all’ impresa industriale o ad un distributore di grandi dimensioni.
• Importatore: organizzazione che conosce il mercato estero, in quanto opera nel paese di destinazione; si focalizza su specifiche aree/paesi. Attenzione: non è un distributore, ma ha solo il ruolo di trasferimento del prodotto da un’area all’ altra.
Nell’ esportazione diretta, invece, la base produttiva è nel paese d’origine, ma l’impresa tende ad avvicinarsi al mercato estero; consente di essere più vicino al consumatore e controllare il percorso del prodotto lungo la catena distributiva; tuttio ciò si attua mediante:
• Instaurazione rapporto diretto con il cliente estero (es. produzioni su commessa; contatti con grandi distributori; commercio elettronico, ovvero e-commerce (attività on-line che si concentra sul rapporto “business to consumer”, la quale non è un’attività semplice soprattutto all’inizio a causa dei costi iniziali elevati e a problematiche comune tra cui quelle linguistiche, culturali, logistiche e legali)
• Costituzione di una rete di vendita (diretta o indiretta) dedicata al mercato locale
• Istituzione di una propria unità organizzativa nel mercato prescelto (filiale commerciale).
Ora, dedichiamoci alla strategia basata sull’ integrazione con il mercato estero; attuando questo tipo di strategia, l’impresa sceglie di penetrare nel mercato internazionale con maggiore intensità.
E’ questa la strategia che offre vantaggi maggiori in termini di ricchezza, ma è anche quella più complessa.
L’integrazione con il mercato estero può avvenire mediante diverse modalità:
o Collaborazione nell’ attività di R&S o Franchising internazionale – i vantaggi sono: espansione con controllo delle attività, migliore gestione delle vendite, sviluppo dell’imprenditorialità, conseguimento di economia di scala nell ’attività di promozione del prodotto a livello internazionale.
o Piggy back – accordo in cui il produttore (carrier) offre ad un produttore o distributore e, stero (rider) i servizi della propria organizzazione distributiva; perciò riguarda solo la commercializzazione e la distribuzione del prodotto.
o Contratti di licenza (di produzione e di distribuzione) – accordo, denominato anche licensing, dove un’impresa (licenziante) concede ad un’altra impresa (licenziataria) il diritto di utilizzare un prodotto, una tecnologia, un componente, un semilavorato, un processo produttivo o un marchio ed eventualmente di commercializzare il prodotto (riguarda l’area di produzione). Perché il licensing? Per superare le difficoltà relative alla ridotta permeabilità di tale paese agli investimenti diretti all’ estero, per superare le barriere tariffarie e soprattutto non tariffarie nei confronti delle importazioni, per gestire più efficacemente la velocità dell’innovazione tecnologica, per acquisire nuove conoscenze e competenze mediante il cross-licensing (es. scambio tra imprese di brevetti nel settore chimico e farmaceutico, come in quello dell’elettronica di consumo).
o Accordi di joint venture (forma più evoluta) – Qual è il vantaggio-opportunità di fare una JV anziché un contratto di produzione? La risposta è alquanto semplice: il contratto di produzione di solito è di breve periodo (spot), mentre la JV è più stringente e coinvolgente e tende a realizzarsi nel medio periodo. Dopodiché è necessario considerare l’aspetto geografico, e cioè: ci sono paesi in cui è conveniente la JV, mentre in altri paesi è meglio il contratto di produzione. Questa tipologia di strategia (integrazione) non ha solo aspetti positivi, ma anche aspetti negativi, tra cui: difficoltà di integrazione legata alla diversità culturale (es. visione sull’ imprenditorialità), comportamenti opportunistici (orientati al massimo vantaggio auspicabile per ogni operatore), e variazione delle condizioni originarie, in quanto non sempre gli accordi mantengono condizioni stabili.
Infine, come ultima strategia da esaminare, abbiamo la strategia basata sugli investimenti diretti all’ estero. Che cosa comporta realizzare un IDE? Sintetizziamoli in alcuni punti fondamentali:
➢ Elevati costi di investimento
➢ Elevati rischi
➢ Trasferimenti di capitali, macchine, attrezzature
➢ Formazione di personale locale
➢ Azione di controllo
➢ Conoscenza dell’ambiente (operatori-clienti-istituzioni)
❖ È sequenziale nel tempo, cioè si parte da scelte strategiche “leggere” nell'ambito internazionale, per poi passare a fasi più consistenti.
❖ È graduale (crescente livello do coinvolgimento/impegno, es. da export a delocalizzazione).
❖ È unidirezionale (si parte dall’ export, poi lo sviluppo internazionale culmina con l’insediamento produttivo all' estero). Attraverso un processo di learning by doing, l’impresa passa da attività poco rischiose e con poco grado di controllo, ad attività sempre più impegnative e coinvolgenti. Il gradualismo del processo dell’internazionalizzazione, citato in precedenza, prevede:
- Una prima fase caratterizzata da una certa “passività” dell’impresa, che si esplica attraverso una fase “indagativa” del mercato estero. (spesso, il mercato estero viene utilizzato per smaltire un surplus di produzione)
- Maggior interessamento al mercato estero, rafforzamento dell’attività di export e partecipazione ad iniziative internazionali (fiere, congressi, relazioni con i fornitori e distributori).
- Maggior penetrazione dei mercati esteri mediante filiali commerciali e realizzazione di accordi e joint venture con altre imprese.
- Investimenti diretti nei paesi esteri.
Quali sono le strategie che l’impresa può attuare per entrare in un mercato estero? Di seguito parliamo di tre strategie importanti: la strategia basata sull’ esportazione, che può essere indiretta o diretta, la strategia basata sull’ integrazione ed infine la strategia basata sugli investimenti diretti esteri.
La strategia basata sull’ esportazione, oltre a rappresentare un orientamento dell’impresa all’ internazionalizzazione, rappresenta anche una modalità di ingresso nei paesi esteri; con l’esportazione, le principali attività dell’impresa vengono concentrate nel paese d’origine e solo l’attività commerciale esprime un orientamento ai mercati internazionali. Vi sono due tipologie di esportazione:
• Indiretta: delega ad imprese specializzate nell’ intermediazione e nel commercio internazionale;
• Diretta: utilizzo della propria forza di vendita – la forma più evoluta è quando l’impresa apre una propria filiale commerciale all’ estero.
Ora, in maniera più dettagliata e specifica, parleremo delle suddette esportazioni.
Nell’ esportazione indiretta, l’impresa sceglie operatori che solitamente risiedono nel paese dell’esportatore, per facilitare l’interazione e la comunicazione. A tal proposito, esistono diverse tipologie di intermediari per il commercio estero:
• Consorzi per l’esportazione: strutture associative che legano due o più imprenditori nell’ istituzione di un’organizzazione per la disciplina e lo svolgimento in comune di determinate fasi delle rispettive imprese; esistono consorzi promozionali, i quali forniscono servizi generali a supporto ed integrazione dell’attività di esportazione e i consorzi di vendita, i quali si occupano della commercializzazione dei prodotti sui mercati esteri, ponendo eventualmente anche un marchio consortile; e se queste imprese offrono prodotti simili, allora il marchio diventa forte perché a livello di mercato internazionale offre prodotti differenziati (soddisfa lo stesso settore o settori simili); se invece le imprese realizzano prodotti diversi, il marchio offre nel mercato estero una gamma diversificata di beni, che andrà a soddisfare diversi bisogni, relativi chiaramente a settori diversi.
• La trading company: nasce in Giappone e rappresenta una “multinazionale del commercio”, la quale si assume rischi contrattuali, di trasferimento e finanziari; compra per rivendere, quindi acquisisce la merce che tratta, e i principali aspetti che la caratterizzano possono essere sintetizzati in quattro punti essenziali, ovvero:
✓ Non ha rapporto diretto con il consumatore finale
✓ L’impresa non incorre alcun rischio
✓ Se l’impresa industriale è di piccole dimensioni, ha basso potere contrattuale
✓ La trading company ha un marchio proprio riportato sul prodotto
• L’agente di acquisto (Buyer): rappresentano operatori commerciali che solitamente risiedono nel mercato di importazione; comprano per conto di un’altra impresa estera e dunque acquista la merce che tratta (passaggio di proprietà), rivolgendosi ad una trading company, direttamente all’ impresa industriale o ad un distributore di grandi dimensioni.
• Importatore: organizzazione che conosce il mercato estero, in quanto opera nel paese di destinazione; si focalizza su specifiche aree/paesi. Attenzione: non è un distributore, ma ha solo il ruolo di trasferimento del prodotto da un’area all’ altra.
Nell’ esportazione diretta, invece, la base produttiva è nel paese d’origine, ma l’impresa tende ad avvicinarsi al mercato estero; consente di essere più vicino al consumatore e controllare il percorso del prodotto lungo la catena distributiva; tuttio ciò si attua mediante:
• Instaurazione rapporto diretto con il cliente estero (es. produzioni su commessa; contatti con grandi distributori; commercio elettronico, ovvero e-commerce (attività on-line che si concentra sul rapporto “business to consumer”, la quale non è un’attività semplice soprattutto all’inizio a causa dei costi iniziali elevati e a problematiche comune tra cui quelle linguistiche, culturali, logistiche e legali)
• Costituzione di una rete di vendita (diretta o indiretta) dedicata al mercato locale
• Istituzione di una propria unità organizzativa nel mercato prescelto (filiale commerciale).
Ora, dedichiamoci alla strategia basata sull’ integrazione con il mercato estero; attuando questo tipo di strategia, l’impresa sceglie di penetrare nel mercato internazionale con maggiore intensità.
E’ questa la strategia che offre vantaggi maggiori in termini di ricchezza, ma è anche quella più complessa.
L’integrazione con il mercato estero può avvenire mediante diverse modalità:
o Collaborazione nell’ attività di R&S o Franchising internazionale – i vantaggi sono: espansione con controllo delle attività, migliore gestione delle vendite, sviluppo dell’imprenditorialità, conseguimento di economia di scala nell ’attività di promozione del prodotto a livello internazionale.
o Piggy back – accordo in cui il produttore (carrier) offre ad un produttore o distributore e, stero (rider) i servizi della propria organizzazione distributiva; perciò riguarda solo la commercializzazione e la distribuzione del prodotto.
o Contratti di licenza (di produzione e di distribuzione) – accordo, denominato anche licensing, dove un’impresa (licenziante) concede ad un’altra impresa (licenziataria) il diritto di utilizzare un prodotto, una tecnologia, un componente, un semilavorato, un processo produttivo o un marchio ed eventualmente di commercializzare il prodotto (riguarda l’area di produzione). Perché il licensing? Per superare le difficoltà relative alla ridotta permeabilità di tale paese agli investimenti diretti all’ estero, per superare le barriere tariffarie e soprattutto non tariffarie nei confronti delle importazioni, per gestire più efficacemente la velocità dell’innovazione tecnologica, per acquisire nuove conoscenze e competenze mediante il cross-licensing (es. scambio tra imprese di brevetti nel settore chimico e farmaceutico, come in quello dell’elettronica di consumo).
o Accordi di joint venture (forma più evoluta) – Qual è il vantaggio-opportunità di fare una JV anziché un contratto di produzione? La risposta è alquanto semplice: il contratto di produzione di solito è di breve periodo (spot), mentre la JV è più stringente e coinvolgente e tende a realizzarsi nel medio periodo. Dopodiché è necessario considerare l’aspetto geografico, e cioè: ci sono paesi in cui è conveniente la JV, mentre in altri paesi è meglio il contratto di produzione. Questa tipologia di strategia (integrazione) non ha solo aspetti positivi, ma anche aspetti negativi, tra cui: difficoltà di integrazione legata alla diversità culturale (es. visione sull’ imprenditorialità), comportamenti opportunistici (orientati al massimo vantaggio auspicabile per ogni operatore), e variazione delle condizioni originarie, in quanto non sempre gli accordi mantengono condizioni stabili.
Infine, come ultima strategia da esaminare, abbiamo la strategia basata sugli investimenti diretti all’ estero. Che cosa comporta realizzare un IDE? Sintetizziamoli in alcuni punti fondamentali:
➢ Elevati costi di investimento
➢ Elevati rischi
➢ Trasferimenti di capitali, macchine, attrezzature
➢ Formazione di personale locale
➢ Azione di controllo
➢ Conoscenza dell’ambiente (operatori-clienti-istituzioni)
VALUTAZIONE E SCELTA DEL MERCATO ESTERO
Fondamentale, per entrare all’ interno di mercato internazionale, è lo studio di determinati fattori, a prescindere del comportamento dell’azienda, ovvero:
• Fattori culturali e religiose
• Fattori sociali ed economici
✓ Struttura classi sociali, demografia, gruppi etnici, istituzioni
✓ Stadio di sviluppo del paese (pre-industriale, in via di sviluppo, rapida industrializzazione, industriale avanzato)
✓ Prodotto interno lordo (combinazione agricoltura, industria manifatturiera e servizi)
• Reddito pro-capite (potere d’acquisto)
• Fattori geografici e climatici, disponibilità risorse naturali (barriere naturali)
• Politiche amministrative (situazione politica, stabilità governo, sindacati)
• Altri aspetti importanti riguarda anche lo studio della domanda e lo studio della concorrenza
Perciò si andrà a rivedere la strategia dell’impresa in base a questi punti, perché un prodotto che non viene accettato da una cultura, va ad intaccare l’immagine dell’azienda.
Ci possono essere delle barriere all’ entrata nel mercato estero? La risposta è SI, e queste suddette barriere possono essere:
1. NATURALI: ostacoli che dipendono dalle caratteristiche fisiche, politiche, sociali e culturali; incidono ad esempio sulla logistica; non solo morfologia, ma anche tutti quei caratteri che formano l’ identità del territorio, di cui la cultura è l’elemento più difficile da gestire.
2. ARTIFICIALI: ostacoli che dipendono dall’ azione del governo e degli operatori economici (imprese, distributori, istituzioni private).
a) Tariffarie: dazi doganali d’esportazione/importazione e di transito relativi alla tipologia di scambio.
b) Non tariffarie: possono essere palesi o occulte (sono create sia da azioni del governo, ma anche da operatori economici, ovvero dalle forze competitive del settore (concorrenti, distributori, fornitori, istituzioni private, consumatori).
Quali sono gli obiettivi del protezionismo?
Migliorare la bilancia dei pagamenti (limitare le importazioni e sostenere l’offerta interna), proteggere l’industria nascente, proteggere l’industria in crisi di ristrutturazione o in declino, proteggere le industrie strategiche, diminuire la disoccupazione.
Quali possono essere i benefici derivanti dall’ abbattimento delle barriere?
Questi aspetti possono essere sintetizzati in questo modo:
• Maggior concorrenza
• Tendenza alla concentrazione del core business
• Tendenza alla “specializzazione settoriale”
• Maggior internazionalizzazione dei mercati
• Innalzamento della soglia quantitativa di produzione e di mercato
• Aumento complessivo della gamma di prodotti disponibili sui mercati
• Evoluzione dei consumi e dei comportamenti d’acquisto
• Apertura di nicchie di mercato a livello continentale e mondiale
Infine, prima di addentrarsi nel mercato estero, quali sono le fasi da affrontare?
PRIMA FASE – individuazione dei mercati potenziali: prima selezione attraverso le esperienze precedenti, stadi di sviluppo del paese, “fattori chiave”.
SECONDA FASE – analisi di mercato “a tavolino”: individuazione dei mercati obiettivo, ricerca dei dati disponibili (reddito pro-capite, popolazione, cultura/ideologia, sistema politico, ecc), analisi a seconda che la strategia sia di esportazione o di importazione.
TERZA FASE – Analisi in profondità:
• analisi della domanda e della concorrenza
• capire come inserire il prodotto, quindi decidere il marketing mix (prodotto, prezzo, comunicazione, distribuzione); prodotto: standard, adattato, ad hoc; prezzo: modifiche tra il mercato d’origine e altri mercati; comunicazione: pubblicità, ma non solo, anche sponsorizzazioni, propaganda, promozioni, passaparola; distribuzione: standard, adattato, ad hoc.
• Fissazione degli obiettivi di mercato, in termini di quota di mercato, profitto-fatturato, portafoglio clienti, rafforzamento marchio, logistica speculativa (ad esempio la conglomerazione).
QUARTA FASE – Verifica del mercato: finalizzata a monitorare l’attività d’impresa quando si è inserita nel mercato; la verifica avviene in termini di fatturato, anche se ciò inizialmente potrebbe risultare fuorviante, o anche in termini di vendite o produzione.
• Fattori culturali e religiose
• Fattori sociali ed economici
✓ Struttura classi sociali, demografia, gruppi etnici, istituzioni
✓ Stadio di sviluppo del paese (pre-industriale, in via di sviluppo, rapida industrializzazione, industriale avanzato)
✓ Prodotto interno lordo (combinazione agricoltura, industria manifatturiera e servizi)
• Reddito pro-capite (potere d’acquisto)
• Fattori geografici e climatici, disponibilità risorse naturali (barriere naturali)
• Politiche amministrative (situazione politica, stabilità governo, sindacati)
• Altri aspetti importanti riguarda anche lo studio della domanda e lo studio della concorrenza
Perciò si andrà a rivedere la strategia dell’impresa in base a questi punti, perché un prodotto che non viene accettato da una cultura, va ad intaccare l’immagine dell’azienda.
Ci possono essere delle barriere all’ entrata nel mercato estero? La risposta è SI, e queste suddette barriere possono essere:
1. NATURALI: ostacoli che dipendono dalle caratteristiche fisiche, politiche, sociali e culturali; incidono ad esempio sulla logistica; non solo morfologia, ma anche tutti quei caratteri che formano l’ identità del territorio, di cui la cultura è l’elemento più difficile da gestire.
2. ARTIFICIALI: ostacoli che dipendono dall’ azione del governo e degli operatori economici (imprese, distributori, istituzioni private).
a) Tariffarie: dazi doganali d’esportazione/importazione e di transito relativi alla tipologia di scambio.
b) Non tariffarie: possono essere palesi o occulte (sono create sia da azioni del governo, ma anche da operatori economici, ovvero dalle forze competitive del settore (concorrenti, distributori, fornitori, istituzioni private, consumatori).
Quali sono gli obiettivi del protezionismo?
Migliorare la bilancia dei pagamenti (limitare le importazioni e sostenere l’offerta interna), proteggere l’industria nascente, proteggere l’industria in crisi di ristrutturazione o in declino, proteggere le industrie strategiche, diminuire la disoccupazione.
Quali possono essere i benefici derivanti dall’ abbattimento delle barriere?
Questi aspetti possono essere sintetizzati in questo modo:
• Maggior concorrenza
• Tendenza alla concentrazione del core business
• Tendenza alla “specializzazione settoriale”
• Maggior internazionalizzazione dei mercati
• Innalzamento della soglia quantitativa di produzione e di mercato
• Aumento complessivo della gamma di prodotti disponibili sui mercati
• Evoluzione dei consumi e dei comportamenti d’acquisto
• Apertura di nicchie di mercato a livello continentale e mondiale
Infine, prima di addentrarsi nel mercato estero, quali sono le fasi da affrontare?
PRIMA FASE – individuazione dei mercati potenziali: prima selezione attraverso le esperienze precedenti, stadi di sviluppo del paese, “fattori chiave”.
SECONDA FASE – analisi di mercato “a tavolino”: individuazione dei mercati obiettivo, ricerca dei dati disponibili (reddito pro-capite, popolazione, cultura/ideologia, sistema politico, ecc), analisi a seconda che la strategia sia di esportazione o di importazione.
TERZA FASE – Analisi in profondità:
• analisi della domanda e della concorrenza
• capire come inserire il prodotto, quindi decidere il marketing mix (prodotto, prezzo, comunicazione, distribuzione); prodotto: standard, adattato, ad hoc; prezzo: modifiche tra il mercato d’origine e altri mercati; comunicazione: pubblicità, ma non solo, anche sponsorizzazioni, propaganda, promozioni, passaparola; distribuzione: standard, adattato, ad hoc.
• Fissazione degli obiettivi di mercato, in termini di quota di mercato, profitto-fatturato, portafoglio clienti, rafforzamento marchio, logistica speculativa (ad esempio la conglomerazione).
QUARTA FASE – Verifica del mercato: finalizzata a monitorare l’attività d’impresa quando si è inserita nel mercato; la verifica avviene in termini di fatturato, anche se ciò inizialmente potrebbe risultare fuorviante, o anche in termini di vendite o produzione.
Se prendiamo in considerazione il secondo caso (test di riacquisto), vuol dire che il prodotto non ha funzionato, forse perché non è utile o non è valido, perciò l’impresa dovrà impegnarsi per carcare ed individuare gli elementi non garditi dal cliente e riproporre il prodotto sul mercato con le relative modifiche.
Internalizzazione e Commercio: Conclusioni
Per concludere questo lungo articolo concernente il commercio internazionale, si può a tal fine constatare che le imprese che commerciano con il mercato estero sono più efficienti, più produttive, occupano un maggior numero di dipendenti, e tutti questi aspetti devono essere già in possesso dall’impresa per essere competitiva sul mercato internazionale, in quanto l’implementazione di scambi esteri comporta maggiori costi di trasporto, di ricerca e sviluppo al fine di affrontare la competizione tecnologica, di gestione e controllo e di avere in seguito vantaggi come la profittabilità, fondamentale per tutte le nostre imprese.